Torino negli anni Sessanta

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Torino negli anni Sessanta

Le periferie di Torino negli anni Sessanta nel romanzo La Luna nel quartiere. Gagnu malefic nella Torino anni ’60 di Marco Dardanelli (collana Biblioteca degli scrittori piemontesi)

Torino, un quartiere di periferia nord-ovest della città. Mentre l’eco della guerra è ancora presente nei racconti degli adulti, il piccolo Marco – Marcuse per gli amici – attraversa gli anni Sessanta passando dall’infanzia all’adolescenza.
Marcuse vede cambiare la città attorno a lui: come funghi crescono palazzoni per dare alloggio agli emigrati appena arrivati dalle campagne piemontesi, dal sud e dal Veneto.
Nelle famiglie irrompono i nuovi oggetti del benessere: le Fiat 500 e 600, i mangiadischi, i televisori. Addirittura i telefoni.
Qui, in questo mondo in espansione, un gruppo di amici (alcuni gagnu malefic, altri no) scopre la vita, fra equivoci e intuizioni. Gioie ed entusiasmi si alternano a sofferenze e delusioni.
La voce narrante percorre quel decennio straordinario, permettendo di assaporare la magia di un periodo che, nel bene e nel male, resterà unico ed irripetibile nella nostra storia recente. Pagine che fanno ridere e sorridere, a volte anche commuovere.

Torino negli anni Sessanta

La prima, con De Luca, andò così: eravamo quasi a fine mattinata, saranno state circa le undici e mezza. Si trattava di scrivere qualcosa.
«Allora, bambini! Prendiamo il quaderno a quadretti ed iniziamo a scrivere. De Luca! L’hai portato, almeno oggi, il quaderno a quadretti?», disse, alzando lo sguardo verso il banco di De Luca. Il banco era vuoto.
«Ah, oggi non c’è De Luca», disse, più che altro a stessa che a tutti noi. Si alzò un brusio in classe. Lei sollevò lo sguardo, cercò il capoclasse di turno e nel contempo sfilò il registro delle presenze dalla pila dei registri sulla cattedra, iniziando a sfogliarlo nervosamente.
«è assente De Luca oggi, vero?»
Il capoclasse si alzò, le mani dietro la schiena , come doveva, consono al suo profilo istituzionale: «No, signora maestra, De Luca è dentro l’armadio».
Pronunciò queste parole fra risatine sparse nell’aula. La mae-stra assunse un’aria preoccupata piuttosto inusuale da vedere.
«è dentro l’armadio?»
«Sì, signora maestra. Dopo l’appello ha dato un calcio a Moretti e lei l’ha mandato nell’armadio», disse molto professionalmente il capoclasse, indicando con il ditino pure quale dei tre era l’armadio. Risatine un po’ più consistenti. La maestra impallidì.
«DE LUCA! DE LUCA! ESCI DALL’ARMADIO!», urlò.
La cosa era possibile perché c’era un pomolo che girava anche all’interno. Ma De Luca non uscì e la maestra divenne molto pallida. In classe scese un silenzio profondo.
Lei si alzò dalla cattedra e con la velocità dei suoi interventi urgenti (in genere sberle da assestare) si precipitò verso l’armadio e ne spalancò la porta.
De Luca era accasciato a terra, una via di mezzo fra il seduto ed il disteso, poiché, data la larghezza della nicchia, non poteva distendersi completamente. Aveva gli occhi chiusi, la bocca aperta e nel silenzio totale che aveva avvolto la classe si udì distintamente il suono del suo lieve russare.
Scoppiò una risata generale e la maestra s’infuriò.

Torino negli anni Sessanta nella Biblioteca degli scrittori piemontesi.

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